La storia in milanese non è in milanese
DOI:
https://doi.org/10.6093/ridesn/12455Parole chiave:
milanese, lombardo, grafie spontanee, identità sociolinguisticaAbstract
Il contributo prende avvio dalla descrizione delle scelte ortografiche adottate nell’adattamento di una storia di Zio Paperone in dialetto milanese. Nella versione realizzata, i dialoghi dei personaggi si articolano in due principali grafie: da un lato, la grafia classica di tipo “portiano”, applicata al milanese di città più tradizionale; dall’altro, una grafia moderna, foneticamente più trasparente, impiegata per rappresentare varietà dialettali più recenti o periferiche. L’analisi si concentra sul valore simbolico attribuito alle grafie dai lettori e sulle implicazioni sociali e linguistiche di tali percezioni. In particolare, l’ortografia portiana appare investita di un’aura di sacralità, tale da suscitare reazioni di disapprovazione anche di fronte a minime deviazioni da modelli idiosincratici consolidati. Tali reazioni sembrano indicare che le grafie (e le ortografie), anche dialettali, lungi dall’essere un semplice strumento tecnico, costituiscano un dispositivo di riconoscimento identitario e un campo di negoziazione simbolica. La grafia non è soltanto una mediazione tra parlato e scritto, ma anche una forma di legittimazione culturale, in cui la “correttezza” diventa elemento di prestigio, memoria e appartenenza.