Husserl and Galileo Notes on ‘The Crisis of European Sciences’
DOI:
https://doi.org/10.6093/2724-4393/12912Parole chiave:
G. Galilei, G.B. Vico, epistemologia, fenomenologiaAbstract
La Crisi delle scienze europee (1934–1938) di Edmund Husserl diagnostica nella scienza moderna un distacco dal mondo concreto dell’esperienza umana, la Lebenswelt. Husserl vede in Galileo Galilei un “genio rivelatore e occultatore”: con la matematizzazione della natura avrebbe inaugurato una scienza metodologicamente trionfante ma esistenzialmente
vuota, astratta dall’esperienza vissuta. Come rimedio, Husserl propone la fenomenologia, che riporta la soggettività al fondamento della conoscenza. La questione è evidente in campi come la neuropsicofarmacologia, dove gli stati soggettivi sono centrali ma sfuggono all’oggettivazione e alla quantificazione: gli strumenti tecnici colgono correlati, non l’essenza
vissuta, talora producendo distorsioni interpretative. In quest’articolo, sostengo che Husserl travisa Galileo. Il fondamento della scienza moderna non è la matematizzazione, bensì l’invenzione dell’esperimento come ciclo assieme immaginativo e pratico: dalla formulazione concettuale all’intervento controllato e ritorno alla teoria, con la matematica usata per reificare, linearizzare, a quantificare l’immaginazione. La concezione galileiana di causalità—cause come condizioni manipolabili
piuttosto che essenze metafisiche—disegna per prima la logica sperimentale moderna. Giambattista Vico riprese tale intuizione col motto verum esse ipsum factum: il vero è ciò che è fatto. Galileo unì dunque immaginazione, matematica e prassi vissuta, anche se la preoccupazione husserliana sulla rimozione della soggettività rimane attuale.
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