Dogane dei pascoli, beni comuni e sviluppo di strutture statuali nella repubblica senese (secolo XV). Terreni fecondi per un approccio interdisciplinare
DOI:
https://doi.org/10.6092/1593-2214/71Parole chiave:
Medioevo, Prima Età Moderna, Risorse collettive, Stati regionali italiani, Storiografia, SienaAbstract
L’istituzione della Dogana dei Paschi nella Repubblica di Siena tra la seconda metà del Trecento e la prima metà del Quattrocento, simile in vari aspetti alle Dogane pontificie e del Regno di Sicilia, determinò una riduzione dei pascoli delle comunità locali ed una intensificazione del controllo territoriale del potere centrale, significativa se letta nel contesto di lungo periodo della lenta nascita dello Stato moderno. Nondimeno occorre rilevare che il pascolo doganale presupponeva la tipica concezione medievale della proprietà divisa, con più diritti che insistevano sul medesimo bene, nonché una concezione del demanio influenzata dal diritto feudale. Per questo non dobbiamo pensare ai territori doganali come a proprietà demaniali piene ed esclusive dello Stato, ma come a situazioni in cui il consueto intreccio di diritti reali coesistenti si complicava con l’innesto di un ulteriore tipo di dominio, connesso con quello eminente che spettava al titolare della giurisdizione superiore. Dal punto di vista del fondamento giuridico, la Dogana sembra poggiare non tanto su nuove potestà statuali egemonizzanti, quanto sulla “applicazione estensiva” di principi di diritto feudale: erano infatti i feudatari ad avere sul territorio soggetto sia un dominio diretto sia un dominio utile sulle risorse naturali eccedenti al fabbisogno della popolazione, che potevano anche concedere in godimento a forestieri.Downloads
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