The Tiara in the Tiber. An Essay on the damnatio in memoria of Clement III (1084-1100) and Rome’s River as a Place of Oblivion and Memory
DOI:
https://doi.org/10.6092/1593-2214/342Parole chiave:
Clemente III (Guiberto di Ravenna), Pasquale II, Antipapi, damnatio memoriaeAbstract
A partire dalla antichità classica, a Roma si sviluppò la tradizione di gettare nel Tevere i cadaveri dei nemici politici quale atto di damnatio memoriae o di deletio memoriae. Clemente III (Guiberto di Ravenna) incorse in questo destino poco invidiabile. Papa Pasquale II ordinò di esumare i suoi resti e di gettarli nel Tevere così che non rimanesse traccia di lui, né per una futura memoria liturgica, né per una venerazione da parte dei suoi seguaci, che lo consideravano un santo piuttosto che un antipapa morto. Questo saggio si interroga se questa “sepoltura” nel Tevere sia avvenuta clandestinamente o come un atto di alto simbolismo politico: una purificazione rituale con un pubblico a far da testimone. Il saggio tratteggia anche lo sviluppo di questa tradizione dall’età romana fino ai giorni nostri, sottolineando gli specifici contesti politici in cui avvennero tali atti di intenzionale damnatio e deletio memoriae. L’aggettivo “intenzionale” è cruciale, dal momento che il Tevere, paradossalmente, rivelava spesso di costituire non tanto uno strumento di oblio, che cancellava radicalmente la memoria del condannato, quanto lo scenario su cui una particolare tradizione di ricordo prendeva forma. Tramite atti politici pubblici e rituali presumibilmente intrapresi per cancellare la memoria, il ricordo dei nemici politici morti era invece squalificato alimentando – sempre agli occhi del pubblico – una memoria negativa o deliberatamente infamante, una damnatio in memoria.
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