V. 1 N. 17 (2025): Collaborazioni

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L’architettura è un’attività collaborativa. Un poeta, per comporre una poesia, ha bisogno solo di carta e penna (Omero non aveva neppure quelle), mentre a Giotto era bastato un sasso scheggiato per mostrare a Cimabue il proprio ingegno. Diverso il caso di chi deve costruire un edificio: non gli bastano idee e savoir faire, ha bisogno anche di molte braccia, molti soldi, molto tempo, molte competenze… molti apporti, da parte di molte persone diverse. Di molte di queste non conosceremo mai il nome, né il contributo specifico; di molti di quelli non potremo mai cogliere tutti i contenuti, le sfumature, i risvolti. Probabilmente, però, non è (solo) per il loro carattere sfuggente che le pratiche collaborative sono state, spesso continuano a essere, relativamente poco indagate dalla storiografia: nella loro opacità, esse non finiscono forse per appannare l’immagine dell’architetto come deus ex machina dei progetti di costruzione che per secoli in Europa i cultori di architettura hanno mirato a propagandare?

Pubblicato: 2025-07-25

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